Il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, ex componente del clan dei Basilischi, in Basilicata ha dichiarato alla Dda di Catanzaro che Maria Chindamo, l'imprenditrice 44enne scomparsa il 6 maggio del 2016 nelle campagne di Limbadi sarebbe stata uccisa ed il suo corpo dato in pasto ai maiali o macinato con un trattore
La donna, secondo quanto riferito da Cossidente, sarebbe stata uccisa per punizione perché si sarebbe rifiutata di cedere un terreno a Salvatore Ascone, indagato per l'omicidio dell'imprenditrice.
Le dichiarazioni di Cossidente sono state acquisite agli atti del processo per le presunte pressioni sul collaboratore Emanuele Mancuso da parte dei suoi familiari per farlo ritrattare. Cossidente sarebbe a conoscenza dei fatti legati alla scomparsa di Maria Chindamo perchè Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone glieli avrebbe raccontati.
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A condannare la donna secondo il pentito Cossidente, sarebbe quindi stato Salvatore Ascone detto "U pinnularu", un narcotrafficante nell'orbita del clan Mancuso e vicino di casa di Chindamo, qualche anno fa arrestato per aver manomesso il sistema di videosorveglianza nella proprietà della donna proprio la sera precedente alla sua sparizione.
Per lui, inquirenti e investigatori avevano per questo ipotizzato un ruolo in quella scomparsa, ma un ruolo da non protagonista. Le prime ipotesi facevano infatti propendere ad una vendetta della famiglia dell'ex compagno della donna, morto suicida dopo essere stato lasciato.
Sempre vendetta quindi ma per un terreno non ceduto a chi è abituato a sentirsi sempre dire si.