La catena di abbigliamento Primark ha aperto da due mesi il suo primo negozio all'interno del centro commerciale di Arese (MI) e ha avuto già una clientela di oltre 2 milioni di persone, il motivo del suo successo? Tra gli scaffali si possono trovare magliette a 5 euro, pantaloni e jeans a 11 e pigiami a 9 euro.
Un brand low cost, non il primo, infatti, ci sono anche H&M, Bershka, Pinko e Zara, quest'ultima di un livello leggermente superiore rispetto agli altri.
Le domande nascono da sole: come fanno ad avere prezzi così bassi? I vestiti sono sicuri? A rispondere a questi interrogativi ci ha pensato Stefania Saviolo, responsabile del knowledge center fashion di SDA Bocconi, e Mauro Rossetti, direttore dell’Associazione tessile e salute, una sorta di osservatorio tecnico del ministero della Salute per la tutela dei consumatori.
“Spesso il cotone delle magliette di queste catene è lo stesso che usano i grandi marchi della moda”, rivela Saviolo. Ciò che incide davvero sul prezzo è invece il fatto che Primark e gli altri applicano il principio dell’economia di scala: grandi volumi a basso costo. “Questi negozi funzionano come un supermarket. La loro leva è il grande traffico di merce che gli permette, appunto, di tenere bassa la cifra sul cartellino”. E questo risparmio che si ottiene comprando 1000 invece di 100 si riflette su tutta la catena del valore: dall’acquisto del tessuto fino al trasporto. “Inoltre, se l’ordine supera certi volumi spesso le fabbriche produttrici applicano sconti ulteriori”.
Inoltre, pare che per far in modo che i prezzi si mantengono così bassi, non vengano previste campagne pubblicitarie, ne l'utilizzo di testimonial famosi, in questo modo si abbassano i costi e il prezzo finale è decisamente basso.
Anche la scelta di produrre in Paesi dove il costo del lavoro è basso e quella di adottare un numero inferiore di commessi nei punti vendita, influiscono positivamente: “Spesso inoltre i dipendenti vengono pagati poco e anche questo contribuisce al livello del costo finale”, conclude Saviolo.
Ovviamente la qualità delle tinture è più bassa rispetto ai marchi famosi, tuttavia rientra in uno standard internazionale che consente al cliente di avere il prodotto che è proporzionale a quanto si chiede di pagarlo.
Per la tintura il discorso è diverso, se il capo viene prodotto in Europa, l'azienda deve rispettare varie regole che riguardano il tipo di tintura, il procedimento di colorazione e la fase di smaltimento dei rifiuti. Tutto ciò a garantire la salute del consumatore e dell'ambiente.
"Attenzione: ciò non equivale a dire che tra prodotto low cost e problemi di salute ci sia per forza un legame. Spesso infatti i prodotti “incriminati” non hanno alcun brand. Eppure il consumatore dovrebbe cercare di prestare attenzione a cosa indossa, soprattutto quando quella gonna o quella borsa sono state fabbricate in Paesi come India e Cina e in generale nell’est asiatico. A dimostrarlo sono i dati raccolti dall’Associazione tessile e salute." Continua l'esperta.
Cosa può fare il consumatore per non sbagliare?
Verificare la presenza dell'etichetta di composizione fibrosa, è obbligatoria per i vestiti di importazione, quindi il cliente dovrebbe controllare, in caso contrario meglio non acquistare.
In caso di dubbi sulla sicurezza del vestito o veridicità, meglio non acquistare abiti di colore scuro perché più allergizzanti, annusare il prodotto è il trucco, se ha cattivo odore potrebbe essere un segnale.
Fonte: http://canali.kataweb.it/kataweb-consumi/2016/06/23/abbigliamento-low-cost-perche-primark-e-hm-costano-cosi-poco/?ref=fbpr
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