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Ottobre 20, 2015

Redazione DonnaWeb

Cosa vedete in questa immagine? Scoprite come lavora il cervello

Alcuni scienziati dell'Università di Cardiff e di Cambridge hanno fatto un esperimento utilizzando un'immagine in bianco e nero che sembra racchiudere solo una serie di macchie, ma attraverso questa immagine è possibile scoprire quanto la mente umana sia sempre propensa a dare un senso alla realtà quando gli elementi che ha intorno non sono sempre chiari.

Dietro quella immagine in bianco e nero si nasconde un bambino che non tutti riescono a vedere. La capacità di vedere oltre può nascondere il motivo per il quale alcune persone sono in grado di vedere allucinazioni, a volte associati a disturbi psicotici.

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Altri scienziati pensano che le allucinazioni siano causate da un processo naturale del cervello per dare un senso al mondo e dare spiegazioni a ciò che nella realtà manca o non si capisce. In pratica, quando la realtà intorno a noi non è molto chiare o mancano informazioni importanti, il cervello combina le informazioni utilizzando una conoscenza pregressa dell'ambiente per dare senso alla situazione.

Per arrivare a questa teoria in base alla quale i processi predittivi contribuiscono alla comparsa della psicosi, gli studiosi hanno lavorato con 18 volontari in cura in un centro di salute mentale e 16 sani.

I risultati hanno evidenziato che le persone con i primi sintomi di psicosi hanno ottenuto risultati più alti nella ricerca dell'immagine del bambino. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista PNAS.

 «Questi risultati sono importanti perché ci dicono che la comparsa dei sintomi principali della malattia mentale può essere compresa in termini di un alterato equilibrio nelle normali funzioni cerebrali. È importante sottolineare, tuttavia, che questi dati ci suggeriscono che questi sintomi non riflettono solo le esperienze di malattie, ma la capacità del tutto naturale di dare un senso ai dati in ingresso che possono essere ambigui». ha commentato Naresh Subramaniam, del Dipartimento di Psichiatria dell'Università di Cambridge.

Fonte.

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